Vivere a cancelli aperti: il sogno di Tenute d’Onghia

da | Apr 7, 2025 | Storie di Puglia

Un contadino a lavoro in un campo di mais e un giovane consulente finanziario che passa la sua giornata al computer tra numeri e titoli. Il primo non sa del secondo; il secondo vede il primo tutti i giorni dalla finestra del proprio ufficio. Quel giovane consulente finanziario si chiama Nicola d’Onghia e oggi non fa più il consulente finanziario, ma è il proprietario delle Tenute d’Onghia, un’azienda agricola biologica, agriturismo e masseria didattica situata a una manciata di minuti da Gioia del Colle, centro abitato di quasi 30 mila abitanti in provincia di Bari.

Situata a quasi 400 metri sul livello del mare, nel pieno cuore dell’altopiano delle Murge, Gioia del Colle sorge alla medesima distanza tra il mar Adriatico e il mar Ionio, tra il capoluogo regionale Bari e quello dell’adiacente regione, Matera.

Patria della mozzarella DOP e del Primitivo di Gioia del Colle, la cittadina è conosciuta anche per gli scavi archeologici di Monte Sannace, uno dei centri più importanti della Peucezia, risalente ad un periodo compreso tra l’età del Ferro e l’epoca romana primo-imperiale.

Gioia del Colle, inoltre, deve la sua nomea anche al Castello Normanno Svevo, voluto dall’Imperatore del Sacro Romano Impero Federico II di Svevia da cui prende il nome e che custodisce la macabra e intensa leggenda di Bianca Lancia, il cui fantasma pare che aleggi ancora oggi nella Torre Imperatrice urlando nella notte il suo straziante lamento di innocenza.

Andare e tornare in Puglia per ricominciare

Ma facciamo un passo indietro. Nicola d’Onghia nasce a Gioia del Colle. I suoi nonni sono proprietari di una masseria appena fuori dal centro storico dove lui cresce al ritmo lento della vita contadina, imparando a conoscere le stagioni e sporcandosi le scarpe di terra dopo scuola.

In quel periodo avevo sempre un occhio sui libri e un piede in campagna.

Una volta raggiunta la maggiore età decide però di lasciare la Puglia per andare al nord. Circa 900 sono i chilometri che separano Gioia del Colle da Milano. Uno è il luogo in cui Nicola nasce e cresce; l’altro è quello che sceglie per continuare i suoi studi.

La parentesi milanese prima di tornare

Arriva a Milano dove si iscrive alla Facoltà di Economia, si laurea e trova lavoro come consulente finanziario per istituti bancari. Proprio per seguire uno di questi istituti bancari Nicola viene mandato in Veneto. La banca per la quale deve fare da consulente aveva compiuto una scelta sicuramente singolare, ovvero quella di mantenere la propria sede in campagna anziché in centro città, come solitamente avviene.

Nicola si ritrova così a fare un primo ritorno al suo ambiente nativo, quello della natura, quello agricolo e contadino. Lavora con il computer trattando numeri e titoli, ma con un occhio sempre puntato su quel contadino che vede a lavoro nel campo di mais, affacciandosi dalla finestra del suo ufficio.

Sono rimasto a lavorare lì per sei mesi e, a forza di vedere quel contadino che lavorava la terra giorno dopo giorno, ad un certo punto mi sono detto che forse quello non era più il mio posto.

Forse quello non era mai stato il suo posto. Ma per capire certe cose, si sa, c’è solo bisogno di tempo. 

La parentesi milanese giunge al capolinea, Nicola decide così che è giunto il momento di rientrare in Puglia, di fare ritorno al mondo agreste nel quale è nato e cresciuto. E ricominciare.

Ha infatti la possibilità di rientrare nella sua terra di origine dove lo attende un progetto già avviato, un progetto che gli permette di aprire il suo prossimo capitolo di vita. 

Insieme a lui torna anche la moglie Sara che, grazie ad un trasferimento interno all’azienda, ha mantenuto il suo ruolo dirigenziale entrando così nella sede di Bari.

La tradizione pugliese della masseria

Quando Nicola torna a Gioia del Colle è il 2014. Entra a lavorare nell’azienda agricola di famiglia, in quella masseria che conosce bene e che rappresentava tutto il mondo di Nicola bambino: la vita in campagna, i nonni, gli animali, il lavoro nei campi.

Da sempre, infatti, la masseria è la massima rappresentazione della civiltà contadina pugliese. Tradizionalmente si tratta, infatti, di una costruzione rurale con funzione di azienda agricola, poche stanze unite a stalle e magazzini che costituiscono un vero e proprio microcosmo che accoglie, ospita e protegge. Accoglie il contadino che ci lavora, lo ospita perché ci vive e lo protegge da eventuali attacchi provenienti dal mondo esterno grazie a cinta murarie e torri di avvistamento.

La masseria è basata sul sistema del latifondo: un proprietario terriero affida una parte del suo terreno ad un massaro che lo coltiva per poi restituire al latifondista il raccolto ottenuto, tenendo per sé solamente il necessario per la sopravvivenza della propria famiglia.

La tradizione delle masserie in Puglia è molto antica. Se ne ritrovano tracce risalenti addirittura al periodo romano, seppur lo sviluppo della masseria come centro aggregatore della vita contadina fosse ancora poco diffuso. Il periodo di massimo sviluppo della masseria si ebbe, infatti, coi longobardi che invece favorirono notevolmente l’aggregazione dei pastori e di conseguenza la necessità di riunirsi in piccoli centri abitati disseminati nelle campagne del tacco d’Italia.

La masseria è un pezzo della storia pugliese e quella di Nicola ne porta molta con sé. 

L’intervento della Storia nello sviluppo di Tenute d’Onghia

È il 24 luglio 1943 quando il Gran Consiglio del Fascismo, l’organo supremo del regime fascista, si riunisce per discutere della disastrosa situazione militare italiana ormai sull’orlo della sconfitta, durante la Seconda Guerra Mondiale. Al contempo il Gran Consiglio accusa il regime, e nello specifico il suo massimo rappresentante, il duce Mussolini, di aver anteposto gli interessi personali al bene della nazione.

Mussolini è inchiodato alle sue responsabilità e non può più fuggirle: viene ricevuto dal re Vittorio Emanuele III per rassegnare le proprie dimissioni. Il re le accetta, Mussolini viene arrestato e il regime fascista cade.

Le ripercussioni di questo evento storico di portata epocale portano inevitabili conseguenze nella vita di tutti gli italiani, compresa quella di una famiglia nobiliare romana, quella dei Rosati.

L’ultimo dei Rosati, infatti, fu un giudice della Corte di Cassazione proprio durante il governo fascista. Quando il fascismo cade è costretto a vendere numerosi beni di famiglia, compresa una masseria nelle campagne di Gioia del Colle.

Il nonno di Nicola acquista la masseria

È il nonno di Nicola che la acquista dal giudice Rosati. Acquisisce il cuore della masseria, la parte fortificata che risale addirittura al ‘700. A partire poi dagli anni ‘60 del Novecento la masseria subisce una grande evoluzione. Gli spazi vengono ampliati, le mucche del nonno allevatore scompaiono a favore degli alberi, le stalle vengono trasformate in camere, i giardini nobiliari tramutati in orti per la produzione agricola e da un’agricoltura di tipo intensiva si passa a quella biologica.

Era stata acquistata come masseria zootecnica dedita alla produzione di latte, ma ormai è tempo di cambiamento.

Ma, nonostante i numerosi interventi apportati, il nucleo originario che aveva acquistato il nonno rimane invariato.

Anche la piccola chiesa risalente al 1789, e situata all’interno della struttura fortificata, viene preservata. Nel 2015 si comincia a ristrutturare. Nicola è appena rientrato da Milano e vuole iniziare fin da subito l’opera di valorizzazione della masseria che porterà prima alla scoperta, del tutto casuale, di alcuni affreschi ritrovati sulle pareti interne proprio della piccola chiesa, e poi all’inaugurazione della parte ricettiva dell’azienda nello stesso anno, trasformandola di fatto in un agriturismo.

Bio agriturismo, masseria didattica, azienda agricola: tutte le facce di Tenute d’Onghia

È chiaro a questo punto che oggi la masseria non sia più soltanto una masseria. Sicuramente gran parte del lavoro e del tempo sono dedicati all’azienda agricola che si dedica a un’agricoltura di tipo biologico

In questo tipo di agricoltura l’obiettivo è quello di ricreare la vita ristabilendo un equilibrio naturale dato dall’eliminazione dei prodotti chimici a favore di quelli naturali. È un tipo di agricoltura che richiede una presenza costante e un monitoraggio continuo.

Quando fai agricoltura biologica non puoi permetterti di intervenire tardi perché significherebbe perdere tutto. È un’opzione che chi fa bio non prende affatto in considerazione e questo ti costringe a essere sempre nei campi. Per questo motivo di ferie si fa solo una settimana all’anno e senza andare troppo lontano perché all’occorrenza bisogna essere in grado di tornare in masseria in tempi brevi.

Uva da tavola, mandorle, ciliegie, uva da vino e grano: questa è la produzione agricola di Tenute d’Onghia. Se c’è una cosa che Nicola si è portato dietro dal suo precedente lavoro, questa è senza dubbio l’importanza della diversificazione dei prodotti, ritenendo troppo rischiosa la monocoltura, per vari motivi.

Secondo quanto riportano i dati dell’ultimo censimento sull’agricoltura fatto dall’Istat nel 2020 negli ultimi 10 anni in Puglia un’azienda agricola su 3 ha chiuso i battenti. Nicola non vuole certamente essere il prossimo uno su tre.

Ma non c’è solo un motivo di sopravvivenza dietro la scelta di diversificare la produzione agricola – che comunque sarebbe già una motivazione più che lecita:

Abbiamo deciso di produrre anche il vino perché questo può essere un altro strumento attraverso cui raccontare la nostra storia come azienda e come famiglia: per noi è fondamentale far vivere la nostra storia in altri perché solo in questo modo la nostra azienda riesce a sopravvivere.

La narrazione e la diversificazione di Tenute d’Onghia

Dietro una bottiglia di vino c’è una storia, una famiglia, un’azienda agricola. Anche chi non vive nel mondo agricolo ha la possibilità di viverlo comunque tutti i giorni: nei campi coltivati che attraversa quando si sposta fuori città, nel piatto tipico che mangia, nella bottiglia di vino che sceglie di acquistare.  

La diversificazione non si ritrova solo nella produzione agricola ma anche nella funzionalità della struttura. Tenute d’Onghia non è solo azienda agricola e bioagriturismo, ma anche fattoria didattica col bosco e gli animali.

Dopo che il nonno di Nicola viene a mancare, gli animali vengono sostituiti con gli alberi, diventando un’azienda frutticola. Gli animali però ci sono sempre stati e Nicola è abituato da sempre ad averli intorno. Cominciano così a tenere alcuni animali di fattorie vicine, animali un po’ malandati, bisognosi di cure e attenzioni, ma anche animali destinati al macello. Cavalli, mucche, capre, asini, animali dell’aia come galline, papere e oche, e ovviamente cani e gatti.

È così che la masseria diventa anche una sorta di rifugio sicuro per questi animali. I visitatori si sono pian piano incuriositi e appassionati alla loro presenza. Da lì nasce l’idea della fattoria didattica, con attività pensate e dedicate alle scuole, per dare anche ai bambini la possibilità di vedere in libertà questi animali – che generalmente vedrebbero solo in box – e imparare a interagire con loro nel loro habitat naturale incontrandoli a tu per tu nel bosco.

Le vigne, i frutteti, il bosco didattico e la fattoria con gli animali, l’agriturismo con le camere per l’ospitalità e la coltivazione agricola: quello di Tenute d’Onghia è un mondo dal peso specifico importante che però scorre a un ritmo lento, quello della natura.

Calarsi a ritmo lento in natura per riappropriarsi del proprio tempo

Si sa, quella dell’agricoltore è una vita rallentata, una vita che segue il ritmo delle tradizioni e del lavoro contadino. Una tipologia di vita che costringe a molti sacrifici incontrando difficoltà e ostacoli. 

Ma nonostante questo negli ultimi anni abbiamo assistito a un ritorno al mondo agricolo: spesso sono proprio i giovani che scelgono di tornare al mondo contadino per vivere lentamente. Vivere lentamente per vivere meglio: questa è stata anche la scelta che ha fatto Nicola. E non per fuggire, ma per ritrovare la bellezza delle piccole cose, riacquistare un pezzo della propria storia, riprendere in mano le redini della propria vita e di conseguenza del proprio tempo. 

Ed è curioso il fatto che riappropriarsi del proprio tempo significhi soprattutto calarsi in una dimensione in cui il tempo è fortemente dilatato. Recuperare questa tradizione del lavoro contadino è ciò che serve per poter guardare avanti e portare questa tradizione in un tempo futuro.

In questo senso trova maggior presa la scelta di Nicola di destinare parte della masseria all’agriturismo.

Un agriturismo non è un hotel. Ogni agriturismo è un mondo a parte, anche se si trova a un solo chilometro di distanza da un altro. Quando un cliente sceglie di venire in agriturismo da noi entra nel nostro microcosmo: chi va in agriturismo entra nella vita di una persona, non cerca tanto la struttura in sé ma la storia di chi abita quella struttura. Per noi l’agriturismo è un modo per rallentare, per frenare un pò.

Ogni realtà agricola racconta la propria storia di autenticità che, in quanto tale, non può essere ritrovata altrove.

Sporcarsi le mani e le scarpe in vigna

La produzione principale di Tenute d’Onghia è quella di uva da tavola. A differenza dell’uva da vino, quella da tavola deve soddisfare anche determinati requisiti estetici per poter essere venduta ai grossisti, e di conseguenza portata in tavola.  

Se il grappolo di uva da vino viene semplicemente reciso e messo in cassetta per poi essere lavato e portato in trasformazione, quello da tavola viene anzitutto privato degli acini più piccoli, quelli marci, battuti o più brutti, proprio perché la componente estetica è fondamentale. Dopodiché viene messo in cassetta e portato alla grande distribuzione.

Gli acini scartati perché non conformi alla grande distribuzione non vengono di certo gettati, ma consumati all’interno della masseria e dell’agriturismo, divenendo un valore aggiunto che la cucina offre al visitatore.

È Sara, grande appassionata, che si occupa della cucina dell’agriturismo, trovando un equilibrio delicato ma indispensabile tra il suo lavoro in azienda e la sua presenza, fondamentale, in masseria.

Chi lavora questa terra, infatti, conosce molto bene il valore di ogni singolo acino e non può permettersi di gettarlo via. Per regalare al visitatore la possibilità di entrare ancora meglio in questo microcosmo, imparare concretamente cosa significa aspettare la maturazione dei frutti o maneggiare i grappoli con la massima delicatezza per non danneggiarli, Nicola ha pensato di dare l’opportunità ai suoi ospiti di partecipare alla vita agricola e vendemmiare insieme a lui. 

All’incirca tra fine settembre e inizio ottobre, ma poi alla fine è sempre la natura che decide i suoi tempi senza alcuna possibilità di intervento da parte dell’uomo. Ci si infilano gli stivali da lavoro, un vecchio pantalone e una felpa comoda per andare nei campi insieme a Nicola e alla sua squadra per vendemmiare l’uva da tavola.

Mi ricordo che tempo fa passai per caso davanti alla stanza di un ospite e vidi delle scarpe brutte e piene di fango incrostato lasciate fuori dalla porta. Lì ho capito che sarebbe venuto con me nei campi a vendemmiare. Questi sono gli ospiti che vogliamo qui a Tenute d’Onghia, quelli che non vogliono farsi la vacanza e basta, ma che vogliono letteralmente sporcarsi le mani – e le scarpe! – per vivere un’esperienza diversa, nuova.

Portare dentro il mondo esterno

Si dice che se la montagna non va da Maometto, Maometto va alla montagna. Nicola deve aver assimilato bene il significato di questo detto perché se l’agricoltura di tipo biologico non gli permette di allontanarsi dai campi per scoprire il mondo esterno in tutte le sue sfaccettature e significati, ha ben pensato di portare il mondo esterno in masseria.

Tenute d’Onghia infatti, tra le altre cose, collabora anche con l’Istituto Agronomico Mediterraneo, organismo intergovernativo e centro di formazione con sede a Bari, l’unico in Italia, e che, insieme alla sede francese di Montpellier, quella spagnola di Saragozza e quella greca di Chania, permette a giovani laureati di effettuare una ricerca scientifica in campo agricolo proprio sul territorio con l’unico obiettivo volto a garantire lo sviluppo agricolo nell’area mediterranea.    

Quale migliore occasione di questa per portare in masseria il mondo esterno. Infatti, nell’ambito di questa collaborazione vengono organizzati degli interscambi per aprire le porte della campagna e dei terreni coltivati ai giovani ragazzi che la vogliono studiare e conoscere sempre meglio.

Eventi e occasioni di apertura a Tenute d’Onghia

È così che in campagna non troviamo più solo Nicola e i suoi ragazzi, ma anche studenti universitari, ricercatori, ragazzi greci, francesi o spagnoli che arrivano tramite l’Istituto per fare attività di ricerca e sperimentazione.

Non siamo più solo noi lavoratori della terra,ma ci siamo ritrovati a essere 15-20 persone con storie diverse a lavorare sullo stesso campo. È il mondo che arriva in Puglia, o meglio, è il mondo che arriva letteralmente a casa nostra e mai avremmo pensato potesse succedere una cosa del genere!

Un nuovo modo di viaggiare: anche questa è la mentalità di Tenute d’Onghia. Perché per aprirsi al mondo esterno anzitutto è fondamentale avere un pizzico di coraggio. In seconda battuta, è altrettanto importante essere predisposti ad accogliere nuovi stimoli, essere aperti al dialogo e alla conoscenza. Tante persone che si riuniscono in un luogo portano con sé la propria esperienza di vita, la propria storia e il proprio punto di vista, nonché una lingua e una cultura diversa, creando un crogiolo di interconnessioni su più livelli che fanno viaggiare, pur non viaggiando fisicamente.

In un mondo, quello contadino, dove fare l’agricoltore è un lavoro certamente complesso, ricco di sacrifici, fisicamente pesante  e che a volte non ripaga della fatica versata, questo modello di fare agricoltura che Nicola e la sua famiglia portano avanti, è senza ombra di dubbio un modo per rendere affascinante l’agricoltura.

Ed è affascinante anche per chi arriva, perché in questo modo l’ospite può scoprire tutte le sfumature di quella bellezza contadina a cui non è abituato.

Tornare alle origini: il sogno di vivere a cancelli aperti

Ma portare dentro il mondo esterno non è solo un modo diverso di fare agricoltura a cui  Nicola sta lavorando già da anni. Portare dentro il mondo esterno è il primo piccolo ma grande passo che avvicina Nicola al raggiungimento del suo sogno più grande:

Voglio il viavai in masseria e voglio che continui a essere un luogo di apertura con sempre più eventi in calendario. In questo senso vorrei un pò tornare alle origini e che Tenute d’Onghia diventi come la masseria dei nonni che non aveva cancelli. I cancelli non esistevano: chiunque arrivava, scendeva e veniva accolto; poi se ne andava con una caciotta. Ecco, nel futuro che vorrei sogno di tornare alle origini.

Un luogo di apertura, un luogo di interscambio, un luogo pronto ad accogliere e ospitare, un luogo anche interattivo, volto ad accogliere il visitatore dell’ultimo minuto e a offrire occasioni di incontro ed eventi sociali. Il futuro di Tenute d’Onghia sembra perfettamente delineato e pertinente anche con la scelta di non avere un receptionist fisso. Non si sa chi possa esserci all’accoglienza: forse Nicola, forse Sara, forse Federica. Quello che importa è sapere che c’è qualcuno a dare il benvenuto in famiglia, perché di fatto si viene accolti come in famiglia.

Tornare alle origini, tornare a una dimensione familiare, tornare a pensare la masseria piena di gente come era quando c’era ancora il nonno e soprattutto vivere a cancelli aperti, senza citofono e senza telecamera all’ingresso: questo è il sogno di Nicola per le sue Tenute d’Onghia.

Un sogno non troppo lontano se ripensiamo ora a quel giovane consulente finanziario che guardava dalla finestra il contadino lavorare nel campo di mais. E fa sorridere pensare al fatto che probabilmente adesso è Nicola a essere diventato quel contadino che qualcuno starà guardando da lontano.

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