Uomo di Altamura: la storia dei Neanderthal riaffiora da una grotta pugliese

da | Ott 10, 2024 | Storia, arte e cultura

Non sappiamo se vi si sia introdotto volontariamente o se vi sia stato trascinato dall’acqua, sappiamo soltanto che ha atteso paziente per molto tempo. Adagiato sul suo letto carsico ha trascorso migliaia di anni, avvolto soltanto dal fresco buio della grotta, oggi chiamata di Lamalunga.

Nel 1993 altri uomini, di una specie diversa dalla sua, hanno interrotto il silenzio che lo ha scortato attraverso il tempo. Fin da subito il suo ritrovamento è apparso fantastico, incredibile. Non era mai stato ritrovato alcun resto così completo e ben conservato di una razza umana che non fosse la nostra. Visto il luogo di tale ritrovamento nell’Alta Murgia pugliese, si è deciso di nominare questi resti come Uomo di Altamura.

Chi ha risvegliato l’Uomo di Altamura?

Gli uomini che lo hanno ritrovato sono speleologi del CARS (Centro Altamurino Ricerche Speleologiche), fondato nel 1950 e che da allora studia la morfologia del territorio pugliese. La scoperta è il coronamento di una ricerca iniziata da una piccola fessura di 10 centimetri individuata nel dicembre 1992. Da questa fuoriusciva un notevole flusso d’aria, segno della presenza di cavità carsiche nel sottosuolo. Dopo aver esplorato a lungo quella che poi è stata chiamata Grotta di Lamalunga, gli speleologi si sono trovati davanti a l’Uomo il 7 ottobre 1993.

Dove è stato l’Uomo di Altamura tutto questo tempo?

È stato ritrovato adagiato nella sua culla calcarea, chiamata ora Abside dell’Uomo. Il lento accumulo di minerali, presenti in abbondanza negli ambienti carsici, ha fatto sì che lo scheletro si potesse fossilizzare progressivamente. Questo processo è stato favorito anche dall’isolamento della grotta, il quale ha impedito che agenti esterni impattassero sulla conservazione dei resti. Tuttavia, essendo questi incastonati nella roccia che li circonda, rimuoverli dal loro giaciglio millenario rappresenta un rischio enorme per il loro mantenimento.

Le condizioni ottimali per la conservazione hanno fatto sì che insieme allo scheletro di Lamalunga vennero ritrovati numerosi reperti faunistici sia di ungulati (come cervidi, equidi e grandi bovidi) che di carnivori (volpi, iene, lupi). Inizialmente si credeva addirittura che ci fosse un secondo teschio umano, notizia smentita in seguito a successive perlustrazioni della grotta.

La decisione, presa a ridosso della scoperta, di lasciare l’Uomo là dove è stato ritrovato è ancora valida tutt’oggi, lui si trova ancora lì. Alcuni chiedono che venga liberato dalle concrezioni che lo hanno protetto e incatenato per essere consegnato alla scienza, altri sostengono che il rischio di danneggiarne i resti sia troppo alto. Nonostante i pareri discordanti e gli evidenti impedimenti logistici, negli ultimi anni si sono comunque fatti passi avanti nel cercare di capire chi fosse l’Uomo di Altamura.

L’importanza dell’Uomo di Altamura

Come accennato sopra, l’Uomo di Altamura rappresenta una scoperta straordinaria nel processo di comprensione dell’evoluzione umana. Ma se il fossile non si è però mai mosso come facciamo a saperlo? Nel 2009, grazie all’aiuto dagli speleologi del CARS, un campione osseo è stato prelevato per poi essere analizzato da studiosi di università e centri di ricerca. Grazie agli studi portati avanti da questi organi i resti sono stati datati per la prima volta: risalgono dai 130.000 ai 172.000 anni fa, ovvero al Pleistocene Medio (781.000-126.000 anni fa). Questo significa che lo scheletro è con molta probabilità più antico rispetto agli altri reperti di Neanderthal scoperti in Europa, i quali risalgono in gran parte al Pleistocene Superiore (126.000-11.700 anni fa).

Durante queste ricerche si è anche analizzato il DNA del campione, il quale ha rivelato una combinazione unica di caratteristiche genetiche. Se infatti fin dai primi accertamenti l’Uomo di Altamura è stato definito appartenente alla specie Homo Neanderthalensis (Neanderthal per gli amici), approfondendo si è capito che questi conservava, insieme a caratteristiche morfologiche di tale specie, anche tratti più arcaici. Ciò rende la scoperta ancora più stupefacente. Secondo recenti studi (Profico A., Buzi C., Di Vincenzo F, et al., 2023), questi tratti più antichi sarebbero stati mantenuti a causa di un isolamento geografico da parte dei primi Neanderthal nel Sud Italia.

Si è anche avuta la conferma che i resti appartenessero a un maschio adulto, alto tra i 160 e 165 centimetri, come si era fin da subito ipotizzato analizzando visivamente i fossili. Nessuna conferma invece sulla causa della morte o sulla sua presenza nella grotta. L’ipotesi più accreditata è che vi sia caduto e non sia più riuscito ad uscirne a causa delle ferite e della profondità della cavità.

Condivisione del ritrovamento col grande pubblico

Tornando al ritrovamento, come si può immaginare, la notizia fu diffusa immediatamente dai maggiori mezzi di comunicazione. Nonostante la particolare condizione dei fossili ne rendesse impossibile l’ispezione diretta, la prima condivisione con il grande pubblico della scoperta dell’Uomo di Altamura avvenne praticamente subito, nel dicembre 1993.

Per una particolare coincidenza a più di 30 anni dalla nascita dell’idea che lo vedeva protagonista, il Museo Archeologico Statale di Altamura stava finalmente per aprire le porte. La Soprintendenza Archeologica colse l’occasione di far coincidere questa inaugurazione rimandata per decenni con la celebrazione della nuova scoperta, avvenuta solo due mesi prima. Venne quindi organizzata una mostra in tempi brevissimi che trattasse della grotta e dei reperti rinvenuti.

Dal 1997 il Museo ha aperto il suo percorso completo e negli anni si è ingrandito. Oggi la Rete Museale Uomo di Altamura comprende tre poli: Palazzo Baldassarre, il Centro Lamalunga e il Museo Nazionale Archeologico di Altamura. In ognuno dei siti si è ricostruita la storia dell’Uomo e del territorio in cui è stato ritrovato. Dal 2017 è possibile anche “incontrarlo” attraverso una riproduzione di quello che crediamo essere stato il suo aspetto. Per realizzarla è stato scannerizzato e digitalizzato il suo cranio.

Un progetto molto ambizioso che è però rimasto attivo solo brevemente è stato il cosiddetto SARASTRO (che sta per “sistema teleoperato integrato di teleosservazione e telemetria per la fruizione scientifica e culturale dell’Uomo di Altamura”), proposto dall’Università di Bari. Questo prevedeva l’installazione di numerose telecamere e apparecchiature che avrebbero reso la Grotta di Lamalunga, residenza dell’Uomo di Altamura, navigabile a distanza dalla Masseria Ragone, un casolare nei pressi della grotta in cui è stato aperto un centro visite.

Il progetto è entrato in funzione il 2 giugno 2004 e, nell’estate di due anni dopo, la comparsa di alghe su rocce e sui resti umani presenti nella grotta ha destato molte perplessità. I materiali utilizzati infatti non sarebbero stati adatti alle condizioni interne della caverna dove l’umidità è al 100%. Quindi nonostante il carattere pionieristico del progetto, per evitare di danneggiare la preziosa grotta carsica in modo irreparabile, ci si è visti costretti a smantellare tutto nel 2009.

Da totem a taboo

Se leggendo questo articolo vi è sembrato strano che si sia aspettato 16 anni per prelevare un campione dei resti, sappiate che non siete gli unici. Fino al 2009 infatti ci sono state proposte e conferenze, anche qualche inizio, ma pochi risultati tangibili.

L’iniziale attesa si è trasformata in sconforto per studiosi e curiosi che speravano di poter conoscere più da vicino l’Uomo di Altamura.

Il motivo di tale “ritardo” è da attribuirsi, come avrete immaginato, alla burocrazia e da decisioni delle autorità competenti non sempre azzeccate. Come per esempio quella di finanziare SARASTRO, il programma citato precedentemente, molto costoso e rimasto in funzione soltanto pochi anni per evidenti lacune nella progettazione.

Un’altra ipotesi si è fatta strada nella frustrazione dell’avere una miniera d’oro di informazioni paleontologiche così vicina e non potervisi avvicinare. La lenta trasformazione dell’Uomo di Altamura da totem a taboo. Come scriveva Marcello Piperno, uno dei più importanti archeologi preistorici italiani, nel 2010 su Dire Puglia (Piperno M., 2010):

Nelle tribù australiane […] “totem” è l’animale sacro, il progenitore e lo spirito protettore del clan (nel nostro caso lo scheletro di Lamalunga). Ucciderlo (prelevarne qualche pezzo per studiarlo) è delitto gravissimo: è “tabù”.

Secondo Piperno, se inizialmente è normale avere una certa “pudicizia” nel proporre interventi per promuovere una migliore conoscenza di una tale scoperta, si è finiti poi per cadere in “una vera e propria forma di gelosia morbosa, camuffata da reticenze, incomprensioni” (ibidem).

Che sia dovuto a questo il piccolo scandalo mediatico che collega l’Uomo di Altamura a Piero e Alberto Angela? I celeberrimi divulgatori scientifici avevano infatti in programma di mostrare su Rai Uno, il 2 novembre 1993, le immagini originali del ritrovamento nella trasmissione L’uomo venuto dalla preistoria. Gli speleologi avevano infatti ripreso l’intero ritrovamento e ne avevano ragionevolmente conservato la testimonianza.

Consultando i periodici dell’epoca non si capisce chiaramente da dove sia nata la controversia (da alcuni articoli sembra che il motivo della sospensione della trasmissione fosse una mancata autorizzazione da parte del Ministero dei Beni Culturali; da altri articoli sembra che gli stessi speleologi avessero aperto una controversia legale sulle immagini da loro girate, in quanto rivendute senza autorizzazione), il risultato fu che il programma venne bloccato e che Piero Angela dovette comparire davanti al giudice. Questo nonostante le riprese andassero continuamente in onda sulla tv locale. Che sia stata questa una conseguenza di quella “gelosia morbosa”?

Verso il futuro attraverso il passato

Nonostante questo inizio un po’ rallentato, lo stato di conservazione dell’Uomo di Altamura, unito alle tecniche moderne di datazione e analisi del DNA, ha fornito preziose informazioni sulla vita dei Neanderthal in Europa. Proprio in questi anni si sta mettendo in discussione quello che sappiamo dell’evoluzione della nostra specie, con evidenti stravolgimenti riscontrabili anche nei libri di testo scolastici.

La speranza di chi scrive è che attraverso progressi tecnologici e studi futuri si possa finalmente valorizzare questa scoperta, più di quanto non lo si stia già facendo. Lo scopo è quello di capire sempre meglio cosa significhi, o cosa abbia significato, essere umani, consapevoli dell’impossibilità di arrivare a una piena conoscenza.

Fonti e approfondimenti:

  • Venturo D. (a cura di). La Grotta di Lamalunga. Città di Altamura, Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, 1995.
  • AA. VV. L’Uomo di Altamura e La Grotta di Lamalunga. Immagini. Soprintendenza Archeologica della Puglia, Università degli Studi di Bari, 1996.
  • Centro Altamurano Ricerche Speleologiche, Comitato per l’Uomo Arcaico di Altamura (a cura di). Altamura prima di Altamura. Piccolo repertorio e rassegna stampa sull’Uomo Fossile. 1996.
  • Formicola W., Dinardo G., “L’Apertura del centro visite dell’uomo di Altamura a Lamalunga”. Ricerche Speleologiche, no. 1, 2005.
  • Venturo D., “Storia di una scoperta”, Dire Puglia, Ministero Per i Beni e le Attività Culturali, no. 2, 2010.
  • Piperno M., “Totem e Tabù”, Dire Puglia, Ministero Per i Beni e le Attività Culturali, no. 2, 2010.
  • Manzi G., “Lo straordinario caso dell’uomo di Altamura”, Gazzetta Ambiente, no. 5, 2015.
  • Profico A., Buzi C., Di Vincenzo F, et al., “Virtual Excavation and Analysis of Early Neanderthal cranium from Altamura (Italy)”, Communications Biology, 2023.

Tutte le immagini di questo articolo sono frutto dell’immaginazione e prodotte dall’intelligenza artificiale.

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